Traumi semantici dell’attaccamento e costruzione narrativa del Sé.
Una grave disregolazione dei sistemi di difesa arcaici, caratterizzata dalla cronica attivazione dei meccanismi di allarme, può essere generata dalla simultanea attivazione dei Sistemi Motivazionali Interpersonali (SMI) dell’accudimento, del rango e della sessualità sociale da parte di figure di attaccamento percepite dal bambino come sorgente di pericolo e minaccia, invece che di sicurezza e di benessere relazionale. Tali esperienze interpersonali traumatiche, sovente precoci nella storia di sviluppo, possono essere integrate solo parzialmente nel sistema corpo/sentimenti/memoria/coscienza e generano gravi interferenze con l’organizzazione dell’attaccamento, con la strutturazione dei modelli operativi interni, con la maturazione dei meccanismi di regolazione delle risposte emotive e con l’acquisizione delle competenze metacognitive. Il cervello, costretto ad operare in condizioni così estreme, manifesta sovente patologie dissociative e costruisce strategie controlling per gestire le relazioni interpersonali attraverso un uso compulsivo e improprio dell’accudimento, del rango e della sessualità. Nel medesimo tempo, appena superata la fase acuta di troncoencefalizzazione delle risposte neurovegetative e comportamentali (attacco, fuga, freezing, fanting), la componente autobiografica della coscienza è biologicamente spinta a costruire un senso e un significato anche per le esperienze frammentate, confuse e angoscianti connesse alle memorie traumatiche, e non può fare a meno di generare intorno ad esse -e alle strategie controllanti- una parte della narrazione dalla quale emerge e prende forma l’dea di Sé. In questo modo, il Trauma Relazionale Complesso assume le caratteristiche del Trauma Semantico, che caratterizza l’identità personale e diventa ontologicamente connotativo del Sé – attraverso l’uso di assunti radicali e inconfutabili su alcune proprietà essenziali dell’individuo. Il tentativo di generare una narrativa personale coesa, coerente e continuativa, viene paralizzato, disorganizzato sintatticamente, svuotato di contenuti coerenti, compartimentato, reso impotente e caotico nell’atto di generare accordi tra le parti di Sé. La non amabilità, l’assenza di valore personale, il senso di impotenza, il pervasivo sentimento di vergogna, il senso di vuoto, l’inconsistenza dell’essere se stessi, la mancanza di libertà interiore, diventano i nuclei semantici prevalenti intorno ai quali si sviluppa la narrazione della propria storia relazionale traumatizzata. Tali nuclei semantici drammaticamente sofferenti e le parti dissociate del Sé che li portano in scena, creano continue, pericolose occasioni di ri-traumatizzazione e attivano meccanismi ricorsivi di disregolazione emotiva, di dissociazione della coscienza, di riemergenza improvvisa di frammenti delle memorie traumatiche. In numerosi casi, dunque, non si può limitare il piano di cura alla regolazione dei meccanismi somatici, relazionali, emozionali e metacognitivi disfunzionali né alla sola riattivazione dei meccanismi autoriparativi del cervello. Una volta stabilizzato il paziente e consolidata l’alleanza terapeutica, è sovente necessario includere nella terapia dei traumi dell’attaccamento un trattamento narrativo volto al lavoro con le parti, fortemente connotato sul versante semantico, condotto anche attraverso vie d’accesso relazionali e sensomotorie.
Bibliografia:
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