Trauma, Attaccamento
(trasmesso anche in Live Streaming)
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Dettagli dell’evento
Dopo le difficoltà causate dalla pandemia, il Congresso “Attaccamento e Trauma” torna finalmente a Londra: sul palcoscenico del prestigioso Ondaatje Lecture Theatre della Royal Geographical Society, nel cuore della capitale inglese, saliranno nuovamente Esperti di fama internazionale, pronti a offrire una panoramica completa e variegata sulla ricerca neuroscientifica e sulla pratica clinica nell’ambito del trattamento del trauma e dei disturbi dell’attaccamento.
Il Congresso sarà trasmesso anche in diretta streaming, consentendo la partecipazione online di tutti coloro che non potranno (o preferiranno evitare di) partecipare di persona. La videoregistrazione del Congresso sarà acquistabile sul sito di Istituto di Scienze Cognitive e accessibile senza limiti di tempo.
Oltre a essere un’importante opportunità di formazione, la tredicesima edizione del Congresso “Attaccamento e Trauma” sarà un prezioso momento di incontro e di condivisione per tutti i professionisti della salute mentale che, stanchi di seguire corsi online, sentono la necessità di ritrovare i propri colleghi di persona e vivere un’esperienza formativa arricchente e coinvolgente. Si ricorda che i posti disponibili per la partecipazione in presenza sono limitati (700).
I docenti:
Obiettivi formativi
Coming soon.
Di cosa parlerà questo evento?
Leggi gli abstract dell’evento
Sfruttare il ritmo naturale del cambiamento e della guarigione: Il Modello del Cambiamento Collaborativo
Questo intervento analizzerà gli ingredienti essenziali per trattare con successo il trauma dello sviluppo complesso in clienti di qualsiasi età. Non esistono due modelli di trattamento identici; tuttavia, esistono una serie di variabili chiare in grado di predire il successo della terapia. Dopo aver esaminato cinquant’anni di terapia e averne valutato i livelli di successo, Mary Jo Barrett continua a sentire clienti di qualsiasi età, provenienti da diversi Paesi del mondo, ripetere la stessa identica cosa: l’attaccamento sano e protettivo al terapeuta e il coinvolgimento sociale sono elementi di fondamentale importanza per poter innescare un cambiamento. Questo intervento analizzerà gli interventi universali necessari per garantire il successo della terapia. Inoltre, contribuirà a validare e rinvigorire il lavoro clinico di ciascun partecipante.
Rivoluzionare il trattamento del trauma e della dipendenza con il Modello Polivagale del Felt Sense™
La concezione attuale della dipendenza – considerata un disturbo del cervello – si sta rivelando fallimentare. I terapeuti necessitano di un nuovo approccio che affronti l’intersezione tra il trauma e la dipendenza laddove si manifesta: nel corpo. Il Modello Polivagale del Felt Sense™ (Felt Sense Polyvagal Model™ o FSPM) trasforma l’attuale paradigma patologizzante in un approccio basato sui punti di forza. Se osservati attraverso la lente della Teoria Polivagale di Stephen Porges, i comportamenti tipici della dipendenza possono essere visti come tentativi adattivi del corpo di auto-regolarsi; tali comportamenti, infatti, fungono da “propulsori” in grado di facilitare dei cambiamenti neurofisiologici all’interno del sistema nervoso. Questa presentazione è un’introduzione al libro di Jan Winhall “Treating Trauma and Addiction with the Felt Sense Polyvagal Model” (Trattare il trauma e la dipendenza con il Modello Polivagale del Felt Sense™). Durante il suo intervento, Jan descriverà la cornice teorica del modello che ha ideato grazie agli oltre quarant’anni di lavoro con i sopravvissuti al trauma. Il Modello FSPM guida i clinici, aiutandoli a utilizzare un nuovo modo di lavorare con i due principali processi incarnati: l’interocezione (felt sense) e la neurocezione (Teoria Polivagale). I partecipanti scopriranno anche l’approccio terapeutico del Focusing/Felt Sense di Gendlin e impareranno ad aiutare i clienti a entrare in connessione con il proprio corpo. Questo modello offre una cornice teorica in grado di supportare qualsiasi modalità terapeutica utilizzata dai clinici. L’applicazione del modello sarà dimostrata attraverso un’introduzione allo Strumento Incarnato per l’Assessment e il Trattamento™ (Embodied Assessment and Treatment Tool™ o EATT). Questo strumento consente di effettuare una valutazione somatica della capacità del cliente di regolare il proprio sistema nervoso autonomo e di integrare le esperienze incarnate. Man mano che i terapeuti effettuano un assessment esperienziale nel corso del tempo, l’EATT diventa un vero e proprio piano di trattamento organizzato che può essere conservato online come cartella clinica. L’intervento includerà dimostrazioni pratiche di come utilizzare questo strumento. Quest’ultimo include la Pratica dei Tre Cerchi di Carnes, un metodo di trattamento specifico per lavorare con la dipendenza. Oltre alla descrizione di questo modello, saranno presenti esempi di casi clinici, in modo da aiutare i terapeuti ad applicare questo approccio immediatamente. Questa presentazione sarà un mix di informazioni didattiche, pratiche esperienziali ed esempi di casi clinici.
Utilizzare l’imagery rescripting e la relazione terapeutica per offrire esperienze emotive correttive ai pazienti traumatizzati
Oggi l’imagery rescripting o rescripting immaginativo è considerato una tecnica evidence-based per trattare diversi disturbi, tra cui il PTSD, il disturbo da ansia sociale e i disturbi di personalità (Morina et al., 2017). L’obiettivo terapeutico di questa tecnica è generare esperienze emotive correttive all’interno di ricordi/immagini spiacevoli utilizzando l’immaginazione mentale. Tuttavia, non è sempre facile identificare e intervenire efficacemente sul bisogno primario all’interno dell’immagine. Per esempio, l’immagine di un abuso infantile può essere modificata, attraverso il rescripting, in svariati modi. Il cliente dovrebbe cercare a tutti i costi di mettersi al sicuro nella scena immaginata oppure provare a opporsi all’abuso? Quando dovrebbe immaginare di bloccare il proprio antagonista? Oppure è meglio che sia il terapeuta a offrire un’esperienza emotiva correttiva, entrando all’interno dell’immagine mentale per cambiare il risultato degli eventi visualizzati? Questa presentazione si focalizzerà sull’utilizzo della relazione terapeutica durante l’applicazione di questa tecnica; accedendo all’immagine, il terapeuta funge da modello di ruolo nel “riscrivere” gli eventi visualizzati. Questo implica che il terapeuta potrebbe trovarsi ad affrontare diverse sfide nell’utilizzare l’imagery rescripting: per esempio, è meglio aspettare che emergano le parti più traumatiche dell’esperienza, oppure è più saggio intervenire prima? Questa presentazione utilizzerà il modello dei bisogni emotivi di base come “bussola” in grado di guidare un rescripting immaginativo efficace. Il focus dell’intervento riguarderà tre aspetti principali:
Al termine della presentazione, i partecipanti:
La presentazione includerà sia indicazioni teoriche che dimostrazioni pratiche (role-play/video) e lascerà spazio alle domande e ai commenti dei partecipanti.
La Psicoterapia Implicita: Teoria e strumenti clinici per accedere alla biologia della ripresa dal trauma
Traumi e problemi di attaccamento irrisolti possono causare uno stato di distress a livello fisico, emotivo e sociale. Nonostante ciò, guarire non implica necessariamente trovare un modo per sfuggire al proprio passato. Questa presentazione illustrerà i fondamenti biologici della guarigione dalla prospettiva unica del lavoro diretto con la memoria implicita, ossia con quei ricordi che vengono codificati in modo non cosciente. Numerosi aspetti della memoria implicita sono correlati al funzionamento del sistema nervoso autonomo, al ciclo di risposta alla minaccia e agli stati di regolazione “primitivi”. Perché i clienti non riescono a modificare i pattern emotivi e comportamentali che – come loro stessi sanno – fanno del male sia a loro che agli altri? Durante questa presentazione, i partecipanti apprenderanno a identificare i diversi modi in cui è possibile utilizzare l’interocezione – cioè la consapevolezza cosciente delle sensazioni corporee – in terapia. Imparare a osservare e a modificare l’attivazione continua di stati fisiologici associati alla sopravvivenza, nonché imparare a guidare i clienti verso una riparazione efficace delle rotture relazionali a livello implicito, può innescare, infatti, cambiamenti profondi e duraturi. I partecipanti impareranno inoltre una serie di esercizi da poter utilizzare immediatamente su di sé e con i propri clienti. Attingendo ad approcci informati sul trauma come la Psicoterapia Implicita, il Somatic Experiencing, la Riparazione Relazionale e la Psicoterapia Sensomotoria, questo intervento riassumerà con chiarezza i fondamenti scientifici, gli aspetti teorici e pratici della ripresa dal trauma. Lavorare con la memoria implicita è un approccio efficace per ripristinare l’attaccamento sicuro, incrementare la capacità di regolazione e reintegrare quel senso del Sé essenziale per ogni individuo.
Lo specchio si è incrinato: depersonalizzazione, trauma ed elaborazione sociale
La depersonalizzazione (DP) è una forma affascinante di esperienza soggettiva alterata, spesso descritta come un senso di irrealtà e di distacco dal proprio senso del Sé e dal mondo circostante (talvolta chiamato derealizzazione). Se, da un lato, tale esperienza di irrealtà viene vissuta da molte persone nel corso della vita, dall’altro lato è opportuno ricordare che può diventare anche una patologia cronica: in questi casi, si parla di disturbo da depersonalizzazione/derealizzazione (DPDR – Depersonalization/Derealization Disorder). Le esperienze di depersonalizzazione sono, inoltre, fortemente correlate al trauma; molte teorie suggeriscono, infatti, che il DPDR sia causato dall’iperattivazione di un meccanismo di difesa adattivo presente nel cervello. Un’area di ricerca relativa alle esperienze di depersonalizzazione non ancora sufficientemente esplorata riguarda la loro relazione con la cognizione sociale e la percezione degli altri. In questo intervento, il Dott. Farmer illustrerà innanzitutto i collegamenti tra le esperienze di depersonalizzazione e il trauma infantile; in seguito, analizzerà in che modo la depersonalizzazione si ricollega alla cognizione sociale, principalmente attraverso la lente del rispecchiamento Sé-Altro. Per farlo, attingerà alla ricerca condotta nell’ambito delle Neuroscienze cognitive e della Psicologia rispetto alle rappresentazioni del Sé e degli altri effettuate al livello del Sé corporeo: dal rispecchiamento tattile e l’imitazione emotiva a forme più astratte ed avanzate di interazione sociale, come l’empatia emotiva e la compassione. Infine, spiegherà in che modo la frammentazione del senso del Sé percepita dai soggetti con elevati livelli di depersonalizzazione può generare, paradossalmente, un incremento del rispecchiamento degli altri a livello corporeo.
Portare a spasso la tigre e lasciarla dormire: Allenare il cervello dei sopravvissuti al trauma dello sviluppo a placare la paura
Quando ricevette il libro di Peter Levine da un amico, Sebern Fisher mal interpretò il titolo, immaginando questa bellissima creatura selvaggia che camminava serenamente al guinzaglio davanti a lei. Sin da quando ha iniziato a integrare il neurofeedback all’interno del suo lavoro con i sopravvissuti al trauma a partire dalla fine degli anni 90’, Sebern ha sempre cercato strategie per “placare la bestia” della paura. In quello stesso periodo, la ricerca neuroscientifica aveva iniziato a identificare “le strutture” e il circuito della paura all’interno del cervello. (Nel 2013, il National Institute for Mental Health ha ipotizzato che il circuito della paura potrebbe essere un “fattore comune” nei disturbi mentali apparentemente discreti). Proprio quando i terapeuti si stavano abituando all’idea che fosse l’amigdala a generare la paura, la ricerca ha dimostrato che è il grigio periacqueduttale (PAG) – ossia il rilevatore rettiliano della paura all’interno del tronco encefalico – a innescare la reattività associata alla paura. I terapeuti possono aiutare i propri pazienti a comprendere tutto questo, ad acquisire le competenze necessarie per controllare la paura, a placare la paura attraverso la loro presenza, ma non possono attenuare questo impulso, che ha origine nel profondo del cervello, con la sola talk therapy. Tutto ciò che il cervello ha appreso e tutto ciò che non è riuscito ad apprendere è contenuto all’interno dell’immensa rete elettrica che costituisce, appunto, il cervello umano. Molti sopravvissuti al trauma hanno appreso il terrore, la rabbia e la vergogna, senza essere riusciti ad apprendere come regolare l’emozione. Durante questo intervento, saranno esaminate le diverse frequenze o modalità di fallimento funzionale rilevate all’interno del cervello di persone con storie di disturbi dell’attaccamento e abuso infantile. Inoltre, saranno utilizzati i risultati della ricerca, casi clinici e filmati per dimostrare che, sfruttando il feedback generato da un computer, il cervello può imparare ad acquietarsi e a lasciar “dormire la tigre”.
Il trattamento dei pazienti dissociativi ‘difficili’: Gestire il transfert e il controtransfert
I pazienti dissociativi considerati “difficili” o, talvolta, addirittura “impossibili”, potrebbero generare senso di colpa, rabbia, vergogna, umiliazione e un senso di incompetenza nel terapeuta. In questi casi, qualunque sia l’intervento attuato dal terapeuta, sembra non essere d’aiuto o non essere abbastanza efficace, poiché questi pazienti sembrano virtualmente resistenti a qualsiasi sforzo compiuto ai fini del progresso terapeutico. Dinnanzi a una forte resistenza da parte del paziente, il terapeuta potrebbe ritirarsi e reagire con un invischiamento distruttivo, con un coinvolgimento eccessivo, o con il desiderio di “salvare quel paziente” ricorrendo a diverse azioni non-terapeutiche. Qualora i suoi sforzi, dettati dalle migliori intenzioni, falliscano, potrebbe finire per allontanarsi dal paziente, infuriarsi o persino punire il paziente. Una prognosi reale di paziente “difficile o impossibile” dipende, in una certa misura, dalla qualità della relazione tra il paziente e il terapeuta, dalle abilità e dall’esperienza di quest’ultimo, nonché da una serie di indicatori prognostici che dovrebbero essere utilizzati sia per valutare l’appropriatezza di un trattamento psicoterapico non-ospedalizzato che per definire un piano di trattamento attuabile. Solitamente, un paziente “difficile o impossibile” presenta una serie di problemi in numerosi ambiti tra loro correlati: (1) difese croniche per difendersi da una minaccia relazionale percepita (per es. critiche, rifiuto, abbandono o controllo); (2) difese croniche contro le esperienze interiori (per es. emozioni, cognizioni, sensazioni fisiche, desideri, bisogni); (3) difficoltà di auto-regolazione e (4) utilizzo della dissociazione come difesa estrema per evitare la minaccia relazionale e le esperienze interiori. Gli interventi da utilizzare per lavorare con questi pazienti sono rivolti innanzitutto al terapeuta stesso, che deve imparare a gestire le emozioni intense associate al controtransfert. Talvolta per il terapeuta è molto difficile, infatti, non sentirsi ferito o attaccato da un paziente “difficile”. I terapeuti devono imparare a comprendere in modo empatico il comportamento del paziente, agendo in modo riflessivo anziché reattivo. Questo atteggiamento riflessivo costituisce una strategia terapeutica in sé e getta le basi per l’utilizzo di ulteriori interventi. Durante questa presentazione, saranno analizzate strategie sia rivolte al terapeuta che al paziente.
Insegnamenti tratti dalla Psicoterapia Psichedelica Assistita: Come curare le ferite di attaccamento e trattare il trauma
La ricerca sulla Psicoterapia Psichedelica Assistita avanza rapidamente e fa emergere aspetti particolarmente promettenti rispetto al trattamento del trauma. Spesso, dopo aver ricevuto una preparazione e un supporto adeguati, gli individui con storie di attaccamento problematico e di trauma dello sviluppo riescono a vivere per la prima volta esperienze di sicurezza e di amore. Cosa possono imparare, dunque, i terapeuti dagli studi sulla Psicoterapia Psichedelica Assistita? Come possono tali studi guidare la loro pratica clinica anche se non partecipano direttamente a un progetto di ricerca? Durante questa presentazione, Ronald Siegel esplorerà diversi modi per aiutare i clienti traumatizzati a iniziare a integrare i ricordi traumatici scissi, ad aprire il proprio cuore, ad accogliere la vulnerabilità, ad abbandonarsi al flusso del cambiamento costante e a passare dall’isolamento alla connessione con le persone e con la natura — forse per la prima volta nella loro vita. Al termine di questo intervento, i partecipanti saranno in grado di:
Mindful Interbeing Mirror Therapy: Oltre la guarigione dal trauma
Lo studio della personalità umana ha fatto luce sull’innegabile impatto che le relazioni di attaccamento, nonché le esperienze traumatiche precoci – e la dissociazione che ne consegue – hanno sulla costruzione del Sé. La sofferenza psicologica può essere analizzata da due prospettive diverse, ma interconnesse: da un lato, il livello di integrazione del Sé e, dall’altro, la capacità dell’individuo di interagire con il mondo esterno. Partendo da questa promessa, identificare e definire le diverse parti della personalità del cliente – soprattutto se quest’ultimo ha una storia di trauma e presenta sintomi gravi all’inizio della terapia – diviene particolarmente importante. La Psicoterapia è sempre più concepita, infatti, come una serie di interventi finalizzati a integrare le parti dissociate della personalità del cliente, per aiutare quest’ultimo a costruire un Sé unificato. Allo stesso tempo, la relazione terapeutica svolge un ruolo centrale nel trattamento della dissociazione causata dai traumi relazionali precoci, a prescindere dalla loro gravità. La Mindful Interbeing Mirror Therapy (MIMT) è un approccio terapeutico del tutto innovativo, basato sull’utilizzo dello specchio all’interno del setting terapeutico. Lo specchio, posto di fronte sia al cliente che al terapeuta, permette loro di interagire attraverso la propria immagine riflessa. La validità di questa modalità di intervento è supportata da una serie di fondamenti teorici, che includono non soltanto i più recenti studi di ricerca in ambito neuroscientifico, ma anche una serie di studi clinici efficaci. La costruzione del Sé e della realtà relazionale dell’individuo – a partire dal principio stesso del processo di costruzione dell’identità, ossia la capacità di identificare la propria immagine allo specchio, sino alla capacità di riconoscere gli stati emotivi degli altri – sono due processi paralleli che caratterizzano lo sviluppo di ogni essere umano. La MIMT può essere vista, dunque, come una combinazione unica di interventi terapeutici mirati ad aiutare il cliente a ricostruire un Sé integrato, lavorando al contempo sulla relazione con l’altro. Nel corso degli ultimi cinque anni, la Mindful Interbeing Mirror Therapy è stata studiata in profondità ed è stata creata una procedura di intervento specifica. Inoltre, grazie alla MIMT, molti terapeuti hanno scoperto un nuovo modo, estremamente rapido, di entrare in connessione con il cliente, nonché un approccio efficace per aiutare quest’ultimo a integrare le parti del proprio Sé attraverso una self-compassion profonda e trasformativa. Gli aspetti teorici e le applicazioni pratiche relative a questo innovativo approccio terapeutico offrono nuove opportunità di intervento che la Ricerca continuerà a supportare e validare.
Dal trauma alla connessione: il potere curativo delle relazioni
La cultura tossica dell’individualismo e del patriarcato si basa sull’illusione che gli esseri umani siano separati dalla natura e abbiano il controllo su di essa. La “natura” che tentano di controllare può essere intesa in vari modi: può riferirsi al partner, ai figli, al loro corpo (“Devo perdere 5 kg!”) o alla loro mente (“Devo smetterla di essere così negativo!”).Il sistema nervoso autonomo di ogni essere umano scansiona il corpo ben 4 volte al secondo, chiedendo: “sono al sicuro?”, “sono al sicuro?”, “sono al sicuro?”, “sono al sicuro?”, “sono al sicuro?”. Se la risposta a questa domanda è “sì, sono al sicuro”, la parte adulta e saggia della persona, la corteccia prefrontale, resta attiva. L’individuo è in grado di ricordare ogni cosa nella sua totalità, di prestare attenzione alla relazione. Quando, invece, la risposta è “no, mi sento in pericolo”, si attivano le aree subcorticali del cervello, innescando risposte automatiche impulsive che portano la persona a concepire il mondo come un gioco a somma zero: una lotta di potere basata sulla logica “io vinco, tu perdi”. Il problema centrale è il trauma. Anche quando una persona è oggettivamente al sicuro nel presente, alcune circostanze potrebbero riaprire ferite del passato, riattivando le stesse modalità di adattamento a tali ferite. Ogni forma di trauma ha una natura relazionale. E, allo stesso modo, ogni forma di guarigione ha una natura relazionale. Le persone scelgono i propri partner immaginando che quest’ultimi riusciranno a liberarli dalle loro ferite del passato e, invece, finiscono in relazioni che le riportano direttamente a rivivere quelle stesse ferite. La domanda è: “cosa fare a quel punto?”. Ricercare qualcosa di nuovo quando si è attivati offre la possibilità di guarire la relazione e, al contempo, di guarire il trauma. Nei momenti di tensione, la parte saggia della persona viene meno. I terapeuti devono quindi offrire ai propri clienti gli strumenti necessari per coltivare una forma di mindfulness relazionale, abbandonando la logica binaria del tu-e-io e attivando la parte adulta e saggia del proprio Sé. In questo modo, saranno in grado di ricordare l’amore che provano per il proprio partner e di riconoscere che la persona con cui stanno parlando non è il nemico, bensì qualcuno a cui tengono. Questo è il primo passaggio fondamentale, la prima abilità da acquisire, da cui dipendono tutte le altre. Una volta che i clienti hanno gli strumenti necessari per pensare in modo ecologico e razionale, tutto cambia. Ad esempio, la risposta relazionale alla domanda “chi ha ragione e chi ha torto?” è: “che importanza ha?”. La vera domanda da porsi è: “come possiamo lavorarci insieme?”. Durante il suo intervento, Terry Real spiegherà come aiutare i clienti ad affrontare il trauma efficacemente, evitando che siano le loro famiglie a subirne l’impatto.
Ecco il programma dell’evento
Gli orari potrebbero leggermente variare
Il programma riportato di seguito è indicativo e potrebbe subire variazioni indipendenti dalla volontà degli organizzatori. Dove non indicato esplicitamente, la partecipazione dei Relatori è prevista in presenza. Tuttavia, eventuali limitazioni legate all’emergenza COVID e/o altre cause di forza maggiore, potrebbero impedire ad alcuni Relatori di viaggiare e, quindi, costringerli a tenere una presentazione online. In tal caso, l’intervento non sarà pre-registrato e il docente interverrà in diretta live, in modo da poter interagire con il pubblico. Eventuali variazioni del programma verranno comunicate da Istituto di Scienze Cognitive (ISC) il più tempestivamente possibile. Gli orari indicati di seguito sono quelli di Londra (fuso orario: GMT).
Venerdì 23 giugno: 8:30-18:30
8:30-8:45: Meditazione guidata
8:45-9:00: Apertura del Congresso
9:00-10:30: Mary Jo Barrett, “Sfruttare il ritmo naturale del cambiamento e della guarigione: Il Modello del Cambiamento Collaborativo”
10:30-10:45: Pausa
10:45-11:00: Prima performance artistica
11:00-12:30: Jan Winhall, “Rivoluzionare il trattamento del trauma e della dipendenza con il Modello Polivagale del Felt Sense™”
12:30-12:45: Seconda performance artistica
12:45-14:00: Pausa pranzo
14:00-15:30: Remco van der Wijngaart, “Utilizzare l’imagery rescripting e la relazione terapeutica per offrire esperienze emotive correttive ai pazienti traumatizzati”
15:30- 15:45: Pausa
15:45-16:00: Terza performance artistica
16:00-17:30: Abi Blakeslee, “La Psicoterapia implicita: fondamenti teorici e strumenti clinici per accedere alla biologia della ripresa dal trauma”
17:30-18:30: Panel conclusivo, domande & risposte
Sabato 24 giugno: 8:45-18:30
8:45-9:00: Meditazione guidata
9:00-10:30: Harry Farmer, “Il disturbo di depersonalizzazione: Come si ricollega al trauma e alla cognizione sociale”*
10:30-10:45: Pausa
10:45-11:00: Prima performance artistica
11:00-12:30: Sebern Fisher, “Portare a spasso la tigre e lasciarla dormire: Allenare il cervello dei sopravvissuti al trauma dello sviluppo a placare la paura”
12:30-12:45: Seconda performance artistica
12:45-14:00: Pausa pranzo
14:00-15:30: Suzette Boon, “Il trattamento dei pazienti dissociativi ‘difficili’: Gestire il transfert e il controtransfert”
15:30- 15:45: Pausa
15:45-16:00: Terza performance artistica
16:00-17:30: Questa presentazione verrà aggiunta al programma quanto prima.
17:30-18:30: Panel conclusivo, domande & risposte
Domenica 25 giugno: 9:00-17:00
9:00-9:15: Meditazione guidata
9:15-10:45: Ronald Siegel, “Insegnamenti tratti dalla Psicoterapia Psichedelica Assistita: Come curare le ferite di attaccamento e trattare il trauma”
10:45-11:00: Pausa
11:00-11:15: Prima performance artistica
11:15-12:45: Alessandro Carmelita and Marina Cirio, “Mindful Interbeing Mirror Therapy: Oltre la guarigione dal trauma”*
12:45-13:45: Pausa pranzo
13:45-14:00: Seconda performance artistica
14:00-15:30: Terry Real, “Trattare il trauma relazionale utilizzando la Relational Life Therapy”
15:30-15:45: Pausa
15:45-16:00: Terza performance artistica
16:00-17:00: Panel conclusivo, domande & risposte
* I titoli di questi interventi sono indicativi e potrebbero subire modifiche. I titoli definitivi verranno aggiunti al programma quanto prima.
Note: qualora la situazione pandemica nel Regno Unito a giugno 2023 e/o qualsiasi altra causa di forza maggiore impedissero a ISC di tenere il Congresso in presenza – nel pieno rispetto delle misure di sicurezza necessarie – quest’ultimo sarà sostituito da un evento online, trasmesso in diretta streaming via Zoom.
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