Neuroscienze
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La natura intersoggettiva degli esseri umani si sviluppa subito dopo la nascita e rappresenta uno dei principi cardine della nostra capacità di creazione di significato. Sin da quando veniamo al mondo, infatti, la relazionalità svolge un ruolo chiave nella nostra esistenza: la capacità del neonato di imitare le espressioni facciali del caregiver non soltanto garantisce la sua sopravvivenza, ma gli consente anche di interagire con quest’ultimo in modo sincronizzato, dando luogo a scambi relazionali sempre più complessi, essenziali per lo sviluppo psicobiologico del bambino.
La scoperta dei neuroni specchio ha offerto un fondamento neurofisiologico di primaria importanza al celebre paradigma del volto immobile o Still Face, apportando un contributo sostanziale alla ricerca scientifica in questo ambito. Come può, dunque, la Psicoterapia servirsi di queste preziose conoscenze per promuovere il benessere individuale? Il Congresso online “Still-Face e Neuroni Specchio: le Neuroscienze della Psicoterapia” darà l’opportunità ad alcuni dei maggiori Esperti del settore di rispondere a questa domanda.
L’evento vedrà la partecipazione di Relatori di fama internazionale, che presenteranno i più recenti studi sul ruolo della sintonizzazione emotivo-relazionale e sulla relazione dell’individuo con il proprio Sé, analizzandone sia le implicazioni in termini di ricerca che le applicazioni terapeutiche. A questo proposito, il concetto di intersoggettività – strettamente correlato alla relazione con l’Altro, ma anche a quella con il Sé, considerata uno degli obiettivi centrali del processo di cambiamento terapeutico – sarà particolarmente enfatizzato. Inoltre, saranno analizzati diversi approcci di trattamento e una serie di ipotesi sul funzionamento della mente basati su e validati da fondamenti neuroscientifici. Sarà ampiamente analizzato, infine, il ruolo del riconoscimento allo specchio, un elemento chiave per esplorare profondamente la dimensione relazionale del Sé all’interno dei modelli terapeutici più avanzati.
Specchi per l’anima: la rappresentazione del proprio volto e il rispecchiamento sociale
La capacità di riconoscere accuratamente la propria faccia è stata ritenuta per molto tempo uno degli indicatori chiave di un livello di coscienza superiore. Le ricerche più recenti ci hanno permesso di comprendere maggiormente il contributo dato dall’integrazione delle informazioni provenienti da numerosi canali sensoriali diversi (tra cui la vista, il tatto e i sensi interni della propriocezione e dell’interocezione) rispetto alla rappresentazione del proprio volto. Inoltre, gli studi nell’ambito delle neuroscienze sociali hanno mostrato che, per quanto riguarda lo sviluppo di risposte empatiche e della capacità di prospettiva, un ruolo importante è svolto dalla mappatura delle azioni e delle espressioni facciali degli altri, nonché delle esperienze relative al contatto e al dolore, attraverso i nostri sistemi sensoriali (rispecchiamento). In questo intervento, il Dott. Farmer attingerà alla ricerca relativa alle neuroscienze cognitive per illustrare in che modo la percezione del proprio volta influenza – ed è influenzata da – le interazioni sociali con gli altri. Per prima cosa, saranno presentate le evidenze che dimostrano quanto il rispecchiamento degli altri, a livello tattile e motorio, possa determinare un aumento della somiglianza facciale percepita, nonché un maggior senso di affiliazione e di fiducia. Successivamente, saranno descritte le ricerche che evidenziano il funzionamento in senso inverso di questa stessa relazione: comportamenti affidabili e una maggiore affiliazione sociale modulano le risposte dei sistemi di rispecchiamento, sia a livello tattile che motorio. Infine, sarà presentato un lavoro più recente che esamina il modo in cui le interruzioni del senso del Sé in condizioni di depersonalizzazione determinano un mancato rispecchiamento sia a livello tattile che motorio.
Mindful Interbeing Mirror Therapy: oltre la guarigione dal trauma
Il paradigma Still-Face e il meccanismo dei neuroni specchio sono due principi fondamentali della Mindful Interbeing Mirror Therapy (MIMT): entrambi hanno enfatizzato, da un punto di vista scientifico, la dimensione intrinsecamente relazionale dei processi di costruzione del Sé e di creazione di significato esistenziale insiti in ogni essere umano. L’utilizzo dello specchio all’interno del setting terapeutico consente di esplorare, sin dalla prima seduta, la relazione del cliente con il proprio Sé; parallelamente, il concetto del “Sé” viene oggettivato come “Altro” con cui il cliente interagisce. Di conseguenza, la dimensione intersoggettiva dell’umanità viene vissuta in modo nuovo, aspetto che contribuisce ad accelerare il processo di cambiamento terapeutico. Basata su un’attivazione consapevole e mirata di specifici circuiti neurobiologici che regolano il riconoscimento dei volti e l’identificazione delle emozioni relative alle espressioni facciali, la MIMT è un approccio terapeutico efficace, concepito come processo di ricostruzione del Sé. L’obiettivo terapeutico è quello di aiutare il cliente a ricreare un profondo senso di connessione con la propria immagine riflessa allo specchio e sviluppare una nuova auto-compassione, superando la vergogna e il disprezzo nei confronti di sé stesso, emozioni tipicamente presenti nei soggetti traumatizzati.
La neurobiologia della Mindfulness e della Compassione: applicazioni pratiche
Lo sviluppo della tecnologia alla base della risonanza magnetica funzionale (o fMRI) ha consentito un aumento significativo degli studi di ricerca sugli effetti neurobiologici e sui meccanismi di azione delle pratiche relative alla Mindfulness e alla compassione. In che modo tali scoperte neuroscientifiche incidono sulla pratica clinica? Quali informazioni forniscono rispetto alle origini della sofferenza psicologica e alle soluzioni per alleviarla? Ronald Siegel analizzerà in profondità questo genere di aspetti, offrendo numerosi spunti relativi alle applicazioni pratiche delle più recenti scoperte in ambito neurobiologico, con l’obiettivo di arricchire qualsiasi forma di Psicoterapia.
Il processo dinamico di creazione di significato negli esseri umani e il paradigma Still Face
L’importanza fondamentale che attribuiamo alla creazione di significato rispetto al nostro rapporto con il mondo umano, quello inanimato e il nostro Sé è ben esemplificata dal paradigma Still-Face. Le scoperte relative al paradigma del volto immobile mostrano che la creazione di significato è un processo dinamico che coinvolge molteplici sistemi: cerebrali, psicobiologici e neurosomatici. Se, da un lato, i significati possono essere creati a livello endogeno, dall’altro è possibile affermare che i significati vengono più frequentemente co-creati con un Altro, all’interno di uno scambio attivo di informazioni. Tale scambio è caotico e caratterizzato sia da momenti di corrispondenza che di mancata corrispondenza tra significati, nonché da processi riparativi. Una creazione di significato efficace determina un’espansione della coscienza e consente di creare legami di attaccamento, favorendo lo sviluppo di relazioni, resilienza e fiducia. Se, invece, la creazione di significato fallisce, la coscienza si restringe e si comprime, generando sfiducia e fragilità. Il caos, il fallimento e la riparazione a livello relazionale svolgono un ruolo altrettanto fondamentale all’interno dei processi terapeutici.
Le forme della frammentazione dell’esperienza di Sé nell’attaccamento traumatico: dalle basi biologiche alle implicazioni terapeutiche
Una vasta e crescente mole di dati scientifici indica che il maltrattamento infantile costituisce il maggiore fattore di rischio per tutti i disturbi psichici nonché un fattore di resistenza al loro trattamento, indipendentemente dalla diagnosi e dal tipo di terapia applicata. Tra le forme di maltrattamento un ruolo rilevante lo gioca l’attaccamento traumatico, ovvero la deprivazione grave e continuata di una figura di attaccamento stabile, sensibile e responsiva, che è un’esperienza prevista per la specie umana per il normale sviluppo delle funzioni mentali, in particolare per quelle che sostengono e regolano la relazionalità e la continuità dell’esperienza di sé. L’attaccamento traumatico attiva diversi processi patogenetici che, interagendo tra loro, provocano numerose manifestazioni psicopatologiche, tra le quali l’alterazione della regolazione delle emozioni e del comportamento, della coscienza, dell’identità, la frammentazione dell’esperienza di sé, il malfunzionamento delle capacità metacognitive e dei diversi aspetti della cognizione sociale. Queste manifestazioni psicopatologiche possono essere variamente presenti in tutti i quadri clinici costituendo una dimensione psicopatologica che contribuisce alla gravità del disturbo e alla resistenza al trattamento. Verranno presi in esame alcuni meccanismi neurobiologici e psicopatologici coinvolti in questi processi patogenetici, in particolare il ruolo della perdita dell’integrazione mentale, la cosiddetta disintegrazione traumatica, e il suo impatto sulle relazioni interpersonali. Attraverso alcuni esempi clinici sarà descritta la clinica della disintegrazione traumatica e le implicazioni per la psicoterapia.
L’esperienza del Sé e degli altri nel mondo digitale
Durante questo intervento, Vittorio Gallese illustrerà la relazione dell’essere umano con le immagini digitali, concepite come rappresentazioni smaterializzate, visive della realtà. Le argomentazioni presentate si basano sulla convinzione secondo cui la tecnologia è sempre stata un’estensione della mente; la definizione stessa di “artificiale” risulta, dunque, intrinsecamente connessa alla capacità cognitiva “naturale” di sviluppare dispositivi, grazie all’evoluzione delle nuove tecnologie cognitive. Questa presentazione analizzerà in profondità i possibili effetti della digitalizzazione dei processi neuro-cognitivi che caratterizzano la comunicazione sociale, nonché la creazione del senso del Sé, soprattutto in un contesto come quello attuale, in cui la pandemia ha aumentato notevolmente il tempo che trascorriamo online, modificando significativamente il nostro modo di interagire con la realtà della vita quotidiana.
Guarire il trauma ed espandere la coscienza utilizzando il Brainspotting
Il Brainspotting è una terapia relazionale, basata sulla connessione cervello-corpo, che utilizza una serie di posizioni oculari rilevanti per localizzare la presenza di traumi non elaborati e dissociazione all’interno dell’area sottocorticale del cervello. Il Brainspotting propone un modello neuro-esperienziale bottom-up, presentandolo come alternativa al modello terapeutico tradizionale. Questa presentazione illustrerà in che modo il Brainspotting può essere utilizzato sia per guarire il trauma che per espandere la coscienza e migliorare la performance del cliente. L’intervento includerà momenti dedicati alle domande del pubblico e dimostrazioni dal vivo.
Ecco il programma dell’evento
Gli orari potrebbero leggermente variare
9:50 – 10:00 Apertura
10:00 – 11:30 Harry Farmer: “Specchi per l’anima: la rappresentazione del proprio volto e il rispecchiamento sociale”
11:30 – 11:45 Pausa
11:45 – 13:15 Alessandro Carmelita e Marina Cirio: “Mindful Interbeing Mirror Therapy: oltre la guarigione dal trauma”
13:15 – 14:15 Pausa pranzo
14:15 – 15:45 Ronald Siegel: “La neurobiologia della Mindfulness e della Compassione: applicazioni pratiche”
15:45 – 16:00 Pausa
16:00 – 17:30 Edward Tronick: “Il processo dinamico di creazione di significato negli esseri umani e il paradigma Still Face”
17:30 – 18:30 Panel conclusivo
10:00 – 11:30 Benedetto Farina: “Le forme della frammentazione dell’esperienza di Sé nell’attaccamento traumatico: dalle basi biologiche alle implicazioni terapeutiche”
11:30 – 11:45 Pausa
11:45 – 13:15 Vittorio Gallese: “L’esperienza del Sé e degli altri nel mondo digitale”
13:15 – 14:15 Pausa pranzo
14:15 – 15:45 David Grand: “Guarire il trauma ed espandere la coscienza utilizzando il Brainspotting”
15:45 – 16:00 Pausa
16:00 – 17:30 Vilayanur S. Ramachandran – Il titolo esatto della presentazione verrà comunicato quanto prima
17:30 – 18:30 Panel conclusivo
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