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Trauma, Attaccamento

Congresso attaccamento e trauma – Prima edizione 2014
a cura diDaniel J. Siegel, Allan Schore, Stephen Porges, Giovanni Liotti, Vittorio Gallese, Pat Ogden, Kathy Steele, Isabel Fernandez
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150 

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Dettagli dell’evento

Dalle Ricerche internazionali sul Trauma e sull’Attaccamento risulta che i due sono strettamente correlati tra loro. Il modo con cui il nostro cervello e noi come persone reagiamo ad un Trauma sembra essere collegato al tipo di legame di Attaccamento che abbiamo sviluppato durante la nostra infanzia. Inoltre risulta che un paziente con diagnosi psichiatrica su tre provenga da una storia personale traumatica. Basti pensare a pazienti che, a seguito di infanzie traumatiche, sviluppano un Disturbo Borderline di Personalità e/o un Disturbo Dissociativo oltre a presentare me- morie traumatiche e dissociate. In un panorama di tale rilievo risulta essere di primaria importanza la conoscenza fine dei meccanismi neurofisiologici, psicologici e relazionali che sottostanno al modo specifico di vivere le esperienze traumatiche. I massimi Esperti mondiali si ritrovano per esporre gli ultimi sviluppi nell’ambito della conoscenza del Trauma e dell’Attaccamento e della loro relazione. Un Congresso unico in una delle Capitali più belle del Mondo, costituisce un’occasione speciale per acquisire una conoscenza profonda da chi ha dedicato la propria vita all’esplorazione del funzionamento dell’essere umano. Tutti gli interventi acquistano quindi una fondamentale importanza per chi si occupa di Traumi Psicologici e della cura di Persone che hanno alla base della sofferenza psicologica esperienze di Traumi anche complessi.

Daniel J. Siegel

“Impatto del trauma sull’IntegrazIone neurale”

La presentazione indagherà sulla natura dell’integrazione neurale – il collegamento tra parti differenziate di un sistema – e sull’impatto che il trauma ha sui circuiti integrativi cerebrali. Tra gli esiti di trauma, l’ostacolo allo sviluppo dei principali circuiti integrativi ce- rebrali: ippocampo, regioni prefrontali e corpo calloso. Tali fibre dalla funzione integrativa sono all’origine della coordinazione e dell’equilibrio necessari per raggiungere l’autore- golazione, la capacità adattiva e flessibile di attenzione, emozione, pensiero, compor- tamento e relazionalità. Il trauma influisce negativamente su ciascuna di queste funzioni regolatrici dipendenti dall’integrazione. La presentazione rivedrà tali rivelazioni, insieme con le implicazioni del nascente studio sulla regolazione epigenetica dell’espressione genica che pure sembra svolgere un ruolo importante nel retaggio di esperienze trau- matiche tanto per l’individuo traumatizzato quanto, forse, per i suoi figli. Intervento psIcoterapeutIco per promuovere l’IntegrazIone neurale e Interpersonale dInanzI a un trauma Nella seconda presentazione relativa all’integrazione, indagheremo su come l’ipotesi secondo cui il trauma comporti la compromissione dell’integrazione necessaria per una regolazione efficace porti a profili di caos o rigidità lungo una varietà di domini interni e interpersonali. È possibile riformulare l’assessment clinico al fine di includere una valutazione di questi estremi di condizioni esterne a quel flusso di armonia che compare in una vita integrata, una valutazione che possa essere impiegata per defi- nire la “insanità” mentale. In questo quadro di neurobiologia interpersonale, una pia- nificazione terapeutica implicherebbe dunque concentrarsi sui domini di integrazione compromessi in seguito a un trauma, che includono l’integrazione: della coscienza, bilaterale, verticale, della memoria, narrativa, di stato, interpersonale e temporale. Gli interventi terapeutici strategici – all’interno della relazione terapeutica di per sé inte- grativa – possono allora essere pianificati e attuati per stimolare attivazione e crescita neurale (SNAG, stimulate neuronal activation and growth) verso l’integrazione.

Clinical professor di Psichiatria presso la Facoltà di Medicina della UCLA, codirettore del Mindful Awareness Research Center. Autore di numerosissimi libri di successo sul funzionamento del cervello e sulla mindsight.
Pat Ogden

“Azioni di riconoscImento: mindfulness relazionale integrata (embedded relational mindfulness), movimento, e riparazIone diadica di trauma e fallimento dell’attaccamento”

Le persone ricordano il passato sotto forma di previsioni e aspettative inconsce che sono le più potenti: non è infatti possibile riflettere sui ricordi che le hanno plasmate, o revisionare gli stessi. Fare esclusivo affidamento sulla “talking cure” potrebbe limitare l’efficacia clinica, giacché i pazienti non possono esaminare ricordi non esplicitamente codificati. Rispetto a conversare e discutere sui problemi attuali, privilegiare la consa- pevolezza mindful dell’esperienza, momento per momento, di aspettative implicita- mente codificate può chiaramente rivelare i pattern interni e inconsci di organizzazione che sottostanno alle difficoltà correnti del paziente; in questo modo, è possibile affron- tare direttamente gli stessi pattern. Sono stati sviluppati numerosi metodi psicotera- peutici che insegnano la mindfulness attraverso esercizi strutturati, pratica solitaria, e insieme di abilità specifiche. Nella Psicoterapia sensomotoria, tuttavia, la mindfulness è integrata e incorporata in ciò che emerge momento per momento tra terapeuta e paziente. Avendo luogo all’interno di una diade terapeutica sintonizzata, la mindful- ness relazionale integrata è impiegata per attivare non solo l’esperienza di fallimento dell’attaccamento e traumi irrisolti che i pazienti rivivono nel momento presente, ma anche la loro relazione esperienziale nel qui e ora con i terapeuti. Tale evocazione simultanea di ferite passate e impegno sociale tra paziente e terapeuta, unita a un’at- tenzione al corpo quale fonte primaria d’azione terapeutica, può suscitare un’intensa intersoggettività che potenzia le azioni di riconoscimento nella riparazione – effettuata dalla diade – di trauma e fallimento dell’attaccamento. Attingendo da Teoria polivagale, Teoria della regolazione affettiva e principi sulla neurobiologia interpersonale, questa presentazione offre una pratica visione d’insieme delle competenze cliniche necessarie per la mindfulness relazionale integrata. Grazie al chiarimento delle azioni fisiche caratteristiche tanto dell’attaccamento quanto della difesa, i partecipanti apprenderanno gli interventi volti a riconoscere gesti, movimenti e posture che riflettono e mantengono l’impatto deleterio che trauma e fallimento dell’attaccamento hanno sulla realtà attuale del paziente, e a lavorare con gli stessi. Attraverso spezzoni video di sedute terapeutiche, e brevi esercizi esperienziali, si illu- streranno interventi terapeutici per bambini, adolescenti e adulti.

Il Dr. Siegel è professore clinico di psichiatria presso la UCLA School of Medicine e co-direttore del Mindful Awareness Research Center dell’UCLA. Educatore pluripremiato, è Distinguished Fellow dell’American Psychiatric Association e ha ricevuto diverse borse di studio onorarie. Siegel è anche direttore esecutivo del Mindsight Institute, un’organizzazione educativa che offre corsi di formazione online e seminari di persona incentrati sul modo in cui lo sviluppo della consapevolezza negli individui, nelle famiglie e nelle comunità può essere migliorato esaminando l’interfaccia tra le relazioni umane e i processi biologici di base. Si è laureato in medicina all’Università di Harvard e ha completato la sua formazione medica post-laurea all’UCLA con una formazione in pediatria e in psichiatria infantile, adolescenziale e degli adulti.
Kathy Steele

“I modellI relazIonali alternativi per la psIcoterapIa “Informata” sul trauma. oltre Il paradIgma dell’attaccamento genitori-figli” Di frequente, con soggetti traumatizzati, i terapeuti vivono un serio dilemma. Da una parte, si indica l’attaccamento sicuro come la componente più indispensabile in una terapia di successo, dando ai clienti un’opportunità di riparazione della relazione. Ci insegnano quindi a sviluppare un attaccamento da cui i clienti diventano dipendenti in quanto a prevedibilità e coerente riparazione, un ponte sano per un attaccamento si- curo meritato. Dall’altra, bisogni di dipendenza insoddisfatti e pattern di attaccamento insicuro dei pazienti possono deviare la terapia. Ci insegnano dunque a impedire che i clienti diventino “troppo” dipendenti da noi. I nostri impliciti sistemi di credenze su attaccamento e dipendenza, nonché traumi relazionali non elaborati, possono svol- gere un ruolo importante nel mantenimento di posizioni estremamente distanti o di accudimento. In maniera implicita o esplicita, gran parte della letteratura tratta della relazione terapeutica nel contesto del modello di attaccamento genitori-figli, nel quale i clienti si affidano tranquillamente all’attaccamento sicuro dei terapeuti per sostenere la riparazione dello sviluppo. Nello stabilire un rapporto con i propri clienti, e nell’assisterli a relazionarsi interna- mente con le rispettive parti dissociative, i terapeuti ricorrono spesso implicitamente al modello genitori-figli. È questo l’unico o più efficace metodo per aiutare i clien- ti a sviluppare sicuri modelli operativi interni? Esamineremo vantaggi e svantaggi di tale approccio. In seguito, indagheremo su altri possibili modelli relazionali, come: mentore-allievo, membri adulti di un team, e co-leaders. Questi evidenziano libertà pratica e collaborazione di entrambe le parti coinvolte, focalizzate su obiettivi specifici e reciproci. Tali modelli si basano su relazioni adulte caratterizzate da reciprocità, che possono liberare i terapeuti dall’onere eccessivo del “prendersi cura dei” clienti e dal violare quadro e limiti di un trattamento utile, rimanendo nel contempo profondamente connessi ai soggetti trattati. Risalto verrà dato alle implicazioni del trattamento.

Kathy esercita privatamente dal 1985 e dal 1988 lavora presso il Metropolitan Psychotherapy Associates di Atlanta, Georgia. Fino al 2016 è stata direttore clinico del Metropolitan Counseling Services, un centro di formazione e psicoterapia senza scopo di lucro. Kathy si è laureata presso l’Università della Carolina del Sud ed ha completato il suo percorso di laurea presso la Emory University. È Past President e Fellow della Società Internazionale per lo Studio del Trauma e della Dissociazione (ISSTD) e ha fatto parte per due mandati del Consiglio della Società Internazionale per gli Studi sullo Stress Traumatico (ISTSS). Kathy ha fatto parte della task force internazionale che ha sviluppato le linee guida per il trattamento dei disturbi dissociativi e della task force internazionale congiunta che ha sviluppato le linee guida per il trattamento del disturbo post-traumatico da stress complesso. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti per il suo lavoro.
Stephen Porges

“La teoria polivagale: demistificare le risposte corporee al trauma”

Le risposte degli esseri umani a trauma e abuso sono devastanti e compromettono il successivo comportamento sociale e la regolazione emotiva. Comprendere i mecca- nismi sottostanti le risposte “cablate” al pericolo di vita potrebbe rendere più chiare tali conseguenze debilitanti. La Teoria polivagale offre una spiegazione plausibile su come esperienze traumatiche e abuso cronico alterino i processi omeostatici fisiologici e il comportamento sociale, come si potrebbero studiare trattamenti clinici per rimediare a tali problemi, e su come poi il trauma distorca la percezione e sostituisca comporta- menti sociali spontanei con reazioni difensive. La presentazione sarà centrata sul potere riparativo posseduto dalla comprensio- ne della funzione adattiva delle reazioni allo stress, quale importante complemento al trattamento. Scomponendo le caratteristiche biocomportamentali delle reazioni allo stress, cliente e terapeuta sono entrambi meglio informati nel loro tragitto verso un risultato positivo. La presentazione darà risalto al ruolo del “neuroception”, un pro- cesso neurofisiologico attraverso il quale il sistema nervoso valuta il rischio presente nell’ambiente circostante senza consapevolezza e, spesso, indipendentemente da una narrazione cognitiva. È possibile che, per proteggerci dagli altri, i traumi azzerino il neuroception quando non esiste un pericolo “reale”. La presentazione informerà i terapeuti sui metodi per valutare le conseguenze deleterie delle esperienze correlate a traumi – mediante una comprensione degli aspetti adattivi psicologici, comporta- mentali e della salute appartenenti a ciascuna delle tre strategie di risposte viscera- li “polivagali” (vale a dire, comunicazione sociale, mobilizzazione, immobilità) – e su come interventi terapeutici efficaci favoriscano un neuroception della sicurezza, con i conseguenti miglioramenti nella salute mentale e fisica, permettendo a mobilizzazione e immobilità di aver luogo senza timore.

Ha sviluppato nuovi strumenti di valutazione trattamento per le persone con difficoltà comportamentali nella sfera della socialità. Autore della Teoria Polivagale
Allan Schore

“Un cambIo di paradigma nell’approccIo terapeutIco alla messa in atto (enactment)”

Secondo i recenti modelli relazionale e neuropsicoanalitico, un enactment reciproco è un’esplosione di un affetto potente e travolgente che avviene a livello inconscio all’in- terno della relazione terapeutica co-costruita, e rappresenta un meccanismo relazio- nale per penetrare nelle aree traumatizzate della mente inconscia. Nella prospettiva neurobiologica interpersonale della teoria della regolazione, gli enactment riproducono la disregolazione del cervello destro associata alla rivisitazione di “traumi relazionali” dell’attaccamento precoce; essi consentono tuttavia anche un accesso terapeutico alla conoscenza di affetti dolorosi inconsci e dissociati cui è stato precluso l’acces- so alla coscienza e alla consapevolezza soggettiva. Facendo riferimento tanto ai re- centi progressi clinici quanto alla ricerca in ambito neurobiologico, la presentazione indica che sebbene l’enactment reciproco costituisca il contesto intersoggettivo più stressante del trattamento, la regolazione interattiva delle messe in atto può agevo- lare l’integrazione “top-down” e “bottom-up” del sistema corticale e sottocorticale dell’emisfero destro del paziente e, con ciò, un’espansione del suo cervello emotivo lateralizzato a destra, il substrato biologico dell’inconscio umano.

Allan Schore fa parte della facoltà clinica del Dipartimento di Psichiatria e Scienze Biocomportamentali e della David Geffen School of Medicine dell’UCLA. È autore di otto volumi fondamentali, tra cui Affect Regulation and the Origin of the Self, Affect Dysregulation and Disorders of the Self, Affect Regulation and the Repair of the Self, The Science of the Art of Psychotherapy, Right Brain Psychotherapy e The Development of the Unconscious Mind, nonché di numerosi articoli e capitoli. La sua teoria della regolazione, fondata sulle neuroscienze dello sviluppo e sulla psicoanalisi dello sviluppo, si concentra sull’origine, la psicopatogenesi e il trattamento psicoterapeutico del sé implicito soggettivo in formazione precoce.
Isabel Fernandez

“Trauma e attaccamento: Il contrIbuto della terapIa emdr”

La EMDR si è dimostrata efficace nel trattamento del DPTS cronico e di ricordi di traumi passati che è possibile stiano alla base della maggioranza dei disturbi mentali. Obiettivo del trattamento con EMDR è far fronte a problemi passati, presenti e futuri correlati a eventi traumatici, al fine di rielaborarli. Una volta che questi sono stati de- sensitizzati e rielaborati, emerge generalmente una remissione significativa dei sintomi post-traumatici. Oltre a ciò, i clienti riferiscono cambiamenti comportamentali e cre- scita post-traumatica. Ambito promettente del trattamento con EMDR è la sua applicazione con popola- zioni esposte a trascuratezza e trauma interpersonale in età infantile. In base a ricerche scientifiche e numerosi studi clinici randomizzati, la terapia con EMDR può essere efficace non solo per gli eventi traumatici inclusi nel criterio “A”, ma anche per “traumi relazionali precoci”. Conformemente ai concetti di Modello operati- vo interno (MOI) e Modello dell’elaborazione adattiva dell’informazione, è possibile che credenze negative, emozioni e sensazioni connesse allo stress cronico associato a esperienze di violenza domestica, abuso fisico, sessuale o psicologico, nonché rifiuto e trascuratezza, vengano immagazzinati nelle reti neurali della memoria in maniera disfunzionale; possono inoltre contribuire al disturbo mentale. Nel corso della presen- tazione, si mostreranno i risultati di uno studio che ha esplorato il ruolo della EMDR nei MOI dell’attaccamento. Una volta che le esperienze traumatiche avvenute in pas- sato con le figure di attaccamento sono state processate con la EMDR, coerenza e capacità riflessiva aumentano in misura significativa con rispetto alle rappresentazioni dell’attaccamento. Allo studio clinico parteciparono venti pazienti adulti che soddisfa- cevano i criteri del DSM-IV solamente con rispetto ai disturbi di Asse I e che avevano richiesto trattamento terapeutico per problemi di genitorialità e relazionali. Dai risultati è emerso che il trattamento con EMDR ha ridotto significativamente la mancanza della risoluzione di perdita e trauma: tutti gli stati di attaccamento dei pazienti passa- rono da fondamentalmente irrisolti alle altre classificazioni. Inoltre, ci fu un incremento significativo del livello di coerenza narrativa e del punteggio ottenuto nella Scala del funzionamento riflessivo (Reflective Functioning Scale).

La dottoressa Isabel Fernandez è un’importante psicologa clinica nota per il suo lavoro con la terapia EMDR. È direttrice del Centro di ricerca psicotraumatologica di Milano. Sostenitrice dell’EMDR, un tipo di psicoterapia emergente impiegata principalmente per il trattamento dello stress post-traumatico e dei disturbi correlati, la dott.ssa Fernandez ha diretto e organizzato interventi per disastri di massa, come l’incidente aereo del Torre Pirelli a Milano nel 2002 e gli ultimi quattro terremoti in Italia. La dottoressa Fernandez ha collaborato con la protezione civile, i militari e le forze dell’ordine fornendo supporto psicologico agli operatori dell’emergenza. Ha inoltre una particolare esperienza nelle reazioni post-traumatiche dei bambini in seguito a disastri di massa. La dottoressa Fernandez si è formata in terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e da quasi 20 anni fa parte del corpo docente dell’Associazione Cognitivo Comportamentale Italiana.
Giovanni Liotti

“InterazIonI fra attaccamento disorganIzzato precoce e trauma psicologIco successIvo nella genesi delle patologie dissocIative”

Due studi longitudinali prospettici suggeriscono che l’attaccamento disorganizzato nel primo anno di vita predice la dissociazione, nel corso dello sviluppo della persona- lità, più delle memorie di traumi successivi. La spiegazione di questi sorprendenti dati di ricerca potrebbe essere trovata nell’in- terazione fra due sistemi comportamentali (sistemi motivazionali) frutto dell’evoluzione e dunque a base innata: il sistema di attaccamento e il sistema di difesa (congela- mento-attacco-fuga-finta morte). La normale interazione fra i due sistemi è spiegata alla luce delle originarie concettualizzazioni di Bowlby, e della teoria polivagale. La dissociazione può essere concettualizzata non come una diretta risposta al trauma, ma come il risultato della mancata inibizione del sistema di difesa da parte del sistema di attaccamento una volta che l’evento traumatico sia terminato. Nell’attaccamento disorganizzato della prima infanzia il sistema di difesa può essere attivato non solo da esperienze evidentemente traumatiche, ma anche dalla mancata risposta del caregi- ver al pianto del bambino, come negli esperimenti di still face (immobilità del volto). Per la migliore comprensione delle conseguenze cliniche di questo modo di con- cettualizzare la dissociazione, verrà presentata una teoria multi-motivazionale che considera la gerarchia dei principali sistemi comportamentali (motivazionali), oltre al si- stema di attaccamento e al sistema di difesa, di cui l’evoluzione ha dotato ogni essere umano. La principale conseguenza clinica su sui ci si soffermerà è il ruolo del sistema motivazionale cooperativo nel corso della psicoterapia dei pazienti con attaccamento disorganizzato e storie di trauma complesso.

Giovanni Liotti (1945 – 2018) è stato uno dei padri della psicoterapia cognitiva in Italia, fondatore e past president della Società Italiana di Terapia Cognitiva e Comportamentale e importante studioso della dissociazione traumatica. È stato socio fondatore della SITCC e dell’ARPAS e ha lavorato per anni nel campo delle applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Ha ricevuto il Pierre Janet’s Writing Award e l’International Mind and Brain Award. Ha adottato la teoria nel contesto della psicoterapia cognitivo-comportamentale e ha fatto progredire la comprensione della disorganizzazione dell’attaccamento come potenziale precursore della dissociazione. Nel 1983, insieme a Vittorio Guidano, ha scritto il bestseller “Elaborazione cognitiva e disturbo emotivo”.
Vittorio Gallese

“Neuroni specchio, simulazione incarnata e approccio relazionale in seconda persona alla cognizione sociale. Un nuovo punto di vista sull’Intersoggettività”.

La scoperta dei meccanismi dei neuroni specchio in relazione ad azioni, emozioni e sensazioni ha condotto a un approccio incarnato alla simulazione: la simulazione in- carnata. Poggiando su basi empiriche, la simulazione incarnata offre una nuova nozio- ne di intersoggettività, considerata prima di tutto come intercorporeità. La simulazione mette in discussione la nozione che la Psicologia del senso comune (Folk Psychology) basti da sola a spiegare la comprensione interpersonale. Prima e al di là della “lettura della mente”, fonte principale della conoscenza che acquisiamo direttamente sugli altri è l’intercorporeità. Mediante la simulazione non ci limitiamo a “vedere” azioni, emozioni o sensazioni e poi a capirle con inferenze per analogia. Attraverso la simulazione pos- siamo mappare le azioni altrui riutilizzando le nostre rappresentazioni motorie, nonché le emozioni e sensazioni altrui dal riuso delle nostre rappresentazioni viscero-motorie e somato-sensoriali. La simulazione incarnata spiega in una maniera originale e unita- ria gli aspetti fondamentali dell’intersoggettività, dimostrando quanto comprendere il corpo vivente in azione degli altri abbia le sue radici nel potere di riutilizzare le proprie risorse motorie, emozionali e somato-sensoriali. Si metterà in discussione la nozione in base alla quale un approccio teorico agli altri di tipo metarappresentazionale sia la sola/principale chiave per l’intersoggettività, e si proporrà un approccio in seconda persona. Si esamineranno poi alcune implicazioni di questo modello per il rapporto tra trauma, e riconoscimento e regolazione delle emozioni.

Docente presso la Facoltà di medicina dell’Università di Parma, è autore di numerosi articoli sui neuroni specchio e sulla neurofisiologia.

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